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Autori: Federico Re Ferrè

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Il crescente interesse verso l’idrogeno come vettore energetico per la decarbonizzazione ha portato ad applicarlo anche in settori il cui utilizzo può non essere conveniente; uno di questi settori è il riscaldamento residenziale.

L’utilizzo di caldaie funzionanti completamente a idrogeno infatti non risulta competitivo, se non in determinate situazioni. Il riscaldamento domestico non è definito come settore “hard-to-abate”, ovvero un settore in cui è difficile abbattere le emissioni climalteranti; un settore non è infatti classificato “hard-to-abate” se l’elettrificazione riesce a ridurre o eliminare le emissioni di CO2, solitamente derivanti dalla combustione di idrocarburi. In questo settore il competitor dell’idrogeno si identifica nella pompa di calore elettrica che risulta essere altamente efficiente. Illustriamo di seguito la differenza di efficienza tra i due metodi con un esempio semplificato.

Supponendo di avere 100 kWh di energia elettrica ottenuti da rinnovabili ipotizziamo di volerli utilizzare per il riscaldamento di un edificio e seguiamo due vie: produzione di idrogeno verde per alimentare una caldaia e utilizzo diretto dell’energia elettrica per alimentare una pompa di calore:

  • Nel primo caso, assumendo un rendimento di elettrolisi del 70% ausiliari inclusi (valore destinato a crescere molto in futuro ma che ben rispecchia l’attuale stato dell’arte considerando tutte le tecnologie presenti sul mercato) e un rendimento di caldaia prossimo al 100% avremmo che il 70% dell’energia iniziale è stata convertita in calore sfruttabile (poi ulteriormente decurtato per perdite di distribuzione, emissione e regolazione comuni a tutti i tipi di impianto);
  • Nel secondo caso i 100 kWh di energia elettrica alimentano una pompa di calore elettrica che ha realisticamente un COP prossimo a 3, ne consegue che circa 300 kWh di calore sono da considerarsi come risultato finale al netto di altre perdite trascurate anche nel caso precedente.

Dalle considerazioni appena esposte risulta chiaro come l’opzione della pompa di calore sia altamente più performante portando 300 kWh di energia termica per il riscaldamento contro i 70 kWh dell’opzione a idrogeno, più di 4 volte tanto.

Negli scenari appena illustrati sono state trascurate per semplicità le perdite per stoccaggio e distribuzione dell’idrogeno assumendo che l’idrogeno venga prodotto nelle vicinanze (ipotesi alla base di molti progetti futuri quali le hydrogen valley, che puntano a creare degli ecosistemi dove l’idrogeno venga prodotto e consumato nelle vicinanze) e allo stesso modo non sono state conteggiate le perdite per trasmissione dell’energia elettrica.

In questo caso l’utilizzo dell’idrogeno sembra non essere quindi conveniente a meno di particolari condizioni al contorno.  Esistono alcuni fattori da tenere in considerazione:

  • Le pompe di calore hanno drastico calo di efficienza a temperature ambiente particolarmente basse, motivo per cui l’idrogeno come combustibile potrebbe essere necessario in climi estremamente rigidi nei quali le pompe di calore non possono garantire una continuità di servizio;
  • Le pompe di calore più diffuse non riescono a raggiungere temperature particolarmente alte, differentemente dalle caldaie, motivo per cui sono spesso abbinate a sistemi a bassa temperatura (es: pavimento radiante) o fungono da integrazione per caldaie;
  • Le pompe di calore non sono sempre installabile in caso di stringenti vincoli paesaggistici. Uno caso notevole è il progetto pilota di Lochem, città dell’Olanda orientale dove 12 case dei primi del ‘900 hanno visto installate delle caldaie 100% a idrogeno poiché non potevano installare altre opzioni per i prima citati vincoli paesaggistici. Le caldaie sono alimentate da idrogeno immesso nella rete gas e prodotto tramite elettrolisi da pannelli fotovoltaici installati nella vicina area industriale.

Si deve inoltre considerare come la comparazione dell’efficienza tra caldaie a idrogeno e pompe di calore abbia senso nel caso in cui si parta dall’ipotesi di sfruttare energia elettrica rinnovabile o genericamente prelevata dalla rete; nel caso ipotetico in cui si abbia la possibilità di sfruttare idrogeno di origine industriale ottenuto come sottoprodotto di altri processi questo cambia drasticamente la valutazione economica in quanto non si hanno sprechi di energia elettrica. 

In definitiva, una soluzione 100% idrogeno per il riscaldamento non sembra essere competitiva ma si devono tenere in considerazioni tutte le condizioni al contorno per poter capire i casi in cui può essere applicata.

L’utilizzo di miscele metano-idrogeno sarà invece in futuro più frequente per le caldaie.

L’aumento continuo di fonti rinnovabili pone il problema dello stoccaggio di energia. Una delle soluzioni percorribili sarà la conversione di energia elettrica in idrogeno da immettere nella rete gas (strategia chiamata “power-to-gas”) durante i picchi non sfruttabili di rinnovabili. Alti tenori di idrogeno (dal 20% in su) non sembrano fattibili per motivi sia tecnici che economici ma percentuali di idrogeno fino al 10% saranno più facilmente adottabili tecnicamente e sostenibili economicamente. Ad oggi la prima norma riguardante le caldaie a idrogeno è stata rilasciata a febbraio 2022 ed è la UNI/TS 11854:2022 dedicata a generatori di calore funzionanti con miscele metano-idrogeno fino al 20% di idrogeno in volume.

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